“Eppure c’è qualcosa che non va… ”
Quante volte ho sentito dire questa frase, anche prima di questo anno piuttosto drammatico!
Di recente ho trovato una possibile risposta. Sarà che ho testato il pensiero racchiuso nella mia stessa richiesta di soccorso emotivo che ho sentito quando la strada che stavo percorrendo era particolarmente dissestata o il motore del mio veicolo, piuttosto malmesso.
Davvero c’è qualcosa che non va?
Ferma la macchina. Quella sulla strada, quella delle tue azioni, la macchina dei tuoi pensieri, quella dei tuoi sentimenti, delle paure, delle emozioni.
Lascialo frenare quel qualcosa, bloccalo allora, se non va.
La bellezza del fermarsi e fermare è tenera e delicata.
Fermarsi prima di ferire qualcuno. Fermare qualcuno che rischia di ferirci.
Fermarsi prima di tentare un salto nel vuoto che ci spaventa. Fermare il vuoto prima che ci salti addosso dai suoi abissi.
Fermarsi prima di allontanare qualcuno che ci mancherà. Fermare l’assenza che sta per lasciarci qualcuno.
Fermarsi su un sentiero sconosciuto, per avere il tempo di scegliere con cura, prima di un bivio. Fermare il tempo per compiere una scelta con cura, al bivio di una carreggiata sconosciuta.
Occorre fermarsi ad un certo punto. Per imparare, per conoscerci, per sapere cosa desideriamo e dove lo vogliamo.
Serve che il mondo a volte ci superi per vederlo chiaramente nella nostra immobilità.
Che il continuare a muoversi è cibo per l’istinto. E l’istinto mangerebbe sempre, se fosse per lui peserebbe più di un quintale e toccherebbe sempre a noi portarcelo appresso.
Fermarsi o fermare qualcosa, invece è una vera predilezione, a pensarci bene.
Esistono viaggi straordinari che fai da immobile mentre sogni o leggi un libro.
Esistono risposte che trovi solo appena smetti di farti domande.
Nelle attese c’è speranza e desideri che prendono forma. C’è il futuro che si delinea.
Dopo tutto, come racconta Herman Hesse, non ricordo in quale libro, anche l’orologio fermo segna l’ora giusta due volte al giorno.
Eppure, c’è qualcosa non va…
Ancora? Ma non mi hai sentita?
Scendi dal palcoscenico prenditi una pausa dal lavoro dietro le quinte, scegli una poltrona al centro della platea.
Di solito la quinta fila è quella migliore.
Siediti, respira. Trova una alleanza con te stesso. Una complementarità con ciò che nella nostra mente viene segnalato con un Allert, come i “Non” va, i “non” sono, i “non” riesco.
I “Non” lasciano memorie in noi che fanno male. Troviamo il coraggio di abbandonarli sul sentiero, tra le cose che non vanno.
Tra poco è Natale. È un anno che ci ha chiesto moltissimo, spesso a caro prezzo.
Abbiamo maledettamente bisogno di cose affermative e positive, che sanno di “casa con tutto il resto fuori”.
Necessitiamo di poltrone comode e calzettoni caldi, per poterci togliere le scarpe, anche se fa freddo… Esigiamo popcorn caramellati al cioccolato che ci cadono mentre li mangiamo ingordi. Seminiamo briciole in queste meravigliose platee di teatri spenti!
Nascondiamoci nel loro buio per un po’, fino a che non si riaccendono le luci.
Facciamo come se fosse casa nostra, questo mondo!
Mi siedo nella stessa fila anche io: ci meritiamo di assistere immobili a uno straordinario spettacolo per un po’… Il tempo necessario affinché quel qualcosa che non va, ritorni ad andare.
Nel frattempo, sarà Natale e ci sentiremo felici in un viaggio che per la prima volta avremo compiuto restando fermi.