Come si concilia l’amore con la possibilità di morire ogni giorno? Chiesi due anni fa a una ragazza affetta da CCHS.
“Cercando di restare vivi, quotidianamente, é semplice. Anche tu lo fai ogni giorno, solo che a differenza mia ne sei solo meno cosciente” mi rispose Giovanna che, a duecento chilometri da me, combatte la sua battaglia giornaliera con l’amore, una malattia rara e la morte.
Abbiamo mai pensato una sola volta che, dopotutto, Giovanna ha ragione?
Ci rifletto stamattina mentre tolgo la pagina di ieri del mio calendario filosofico.
Lui lo sa.
I calendari sanno ogni anno il giorno della nostra morte, ma sono discreti e non ce la rivelano, così che noi possiamo vivere inconsciamente anche il giorno della nostra fine, anno dopo anno.
I calendari conoscono il giorno in cui ci innamoriamo e anche quello in cui quell’amore finirà. Solo che noi siamo troppo impegnati a girare le pagine dopo ogni giorno terminato, per pensare realmente alle sensazioni appena trascorse, al miracolo di poter respirare e amare ancora una volta, anche domani. Siamo distolti dall’idea che anche noi, come Giovanna, ogni giorno combattiamo la nostra battaglia di amore e vita.
È il primo “San Valentino” di “La notte è di chi non sa morire” e siccome questo libro tratta d’amore, nessun giorno è più indicato per parlarne che questo. È anche il mio unico modo per dare un senso a questa festa che non ho mai compreso, nella vita.
È un concetto difficile da snocciolare e ho trovato diverse insidie nell’espletarlo sulle pagine del romanzo. Parlo delle emozioni, quelle che diamo per scontate nel nostro quotidiano, rapportate ad una malattia, soprattutto se la patologia in oggetto, non solo è rara, ma è terribile al raccontarsi, come la Sindrome di Ondine.
Ad esempio possiamo davvero lasciarci andare nell’amare se siamo malati? E ancora più complesso: possiamo essere felici nell’amore, se siamo malati?
La radice della parola “felicità”: nell’etimologia latina, “felix” è associato a “fecundus”, che a sua volta significa “fertile”.
Il filosofo Karl Jasper ha scritto che “la malattia risveglia le cose ovvie, altrimenti indiscusse”.
Allora è vero? Possiamo davvero andare oltre l’ovvio dolore, non solo svegliare ma nutrire e accrescere questa felicità fertile, attraverso “le cose scontate” di una vita che viaggia a braccetto con una malattia?
Certo, mi raccontano gli occhi di Giovanna e possiamo fare anche di più: riscoprire che l’amore più fertile può essere racchiuso anche in un gesto inaspettato e in tutti quei dettagli della vita e del mondo, che meritano il nostro stupore.
Abbiamo la possibilità di scovare i nascondigli delle emozioni, laddove non ce lo aspetteremmo mai e di gioire per questa scoperta.
Non è stato affatto semplice far digerire questo concetto a Fabian, il protagonista maschile, per nulla impulsivo e piuttosto razionale e pratico, tra le pagine del libro, ma aspettatevi grandi cose da questo ragazzo, mentre leggerete i suoi pensieri e la sua grande evoluzione umana. Sapete? L’ha aiutato una certa Ellis, a cui manca il respiro ogni notte, mentre dorme e deve attaccarsi a un respiratore per restare viva. È stata capace di indurlo al lasciarsi andare con lei! È riuscito a farlo e mentre si innamorava, ogni giorno di più, ha scovato tutto ciò che la malattia nella sua vita aveva pian piano annegato nell’oblio delle sue notti terribili e pericolose, iniziando a portarlo alla luce, a volte persino facendolo brillare.
Non lo so se anche fuori da un libro l’amore vince sempre, ma in quelle pagine è raccontata una storia di persone vere per le quali l’amore, la felicità e gli stessi respiri della vita non sono mai scontati. Persone come Giovanna, che ho osservato vivere a lungo e che mi hanno insegnato che proprio quando si danno per scontate alcune cose è esattamente quello il momento in cui serve raddoppiarne il loro prezzo.
Non basteranno tutti i libri del mondo e i San Valentino di ogni epoca a svelare tutto quello che l’amore ha ancora da sviscerare. Credetemi, nulla è scontato. Neppure adesso che è ancora tempo di saldi.
Leggendo “La notte è di chi non sa morire” aiuterete le Ondine a trovare la loro luce, fuori dal buio delle loro notti maledette: potrete raccontare a Giovanna che è davvero solo l’inconsapevolezza dell’esistere a distanziare chi pensa di essere sano da chi è malato e ogni alba ringrazia di essere vivo. Potrete dirle che domani vi sveglierete più consapevoli e sorriderete anche voi, come lei, alla vostra nuova alba e all’amore che dorme ancora accanto a voi.
Link al libro:
Grazie al blog @allecaneat